Eĩδον
vedere, conoscere, sapere
Per il tuo volere ho visto questa lode rivelata
Eĩδον θεληματι το σο την ευλογίαν ταύτην λεγομενέν.
(Corpus
Hermeticum, XIII, 17-20)
Eĩδον: tempo aoristo del verbo Οράω (vedere) traducibile col
passato prossimo “ho visto” oppure con il passato remoto “vidi”. Da esso
si forma con la radice “ίδ” il perfetto Οίδα, che assume il senso di "Sapere", al presente, poiché per i greci, io ho visto e quindi so.
In ogni caso, la traduzione con le forme del passato è
forzata, in quanto l’aoristo esprime un modo “senza tempo”, visto che l'aoristo enuncia l'azione del verbo senza sottolineare
l'idea di durata nè di collocazione temporale. Quanto piuttosto quella di una
progressione.
L’Aoristo
è categoria verbale propria dell’indoeuropeo, conservata in modo vitale
soprattutto in indiano antico e greco. In confronto con gli altri tempi, come
il presente e l’imperfetto, che indicano l’azione verbale considerata nella sua
durata, o il perfetto e il piucheperfetto, che indicano il risultato di
un’azione anteriore, l’aoristo indica un’azione, temporalmente non determinata,
concepita nella sua globalità, perfettivamente, caratterizzando dunque l'azione
in sé e per sé, senza indicazioni precise di tempo o di aspetto. Per questo
l'aoristo si presta ad essere impiegato nella narrazione e può quindi essere
tradotto con tempi del passato. Va però ricordato che sarebbe improprio
inserire indicazioni di tempo e di aspetto tra le caratteristiche dell'aoristo,
che può anche essere impiegato, ad esempio, in relazione ad un tempo futuro. Un
altro uso dell'aoristo in greco, è quello del cosiddetto aoristo gnomico, che
indica proverbi o sentenze validi sia per il passato che per il presente che
per il futuro.
In questo contesto, Eĩδον esprime progresso nella "visione-conoscenza",
mentre Οίδα suggerisce
completezza di "conoscenza".
Quest’aspetto è particolarmente evidente dal punto di vista
etimologico: la radice di Eĩδον è composta da ‘id’ che, in forma arcaica era preceduta da
una Vav e pertanto perfettamente riconducibile al termine “Video” latino e
“Vydia” sanscrito.
La radice ‘V-i’ rappresenta
continuità del moto in un distacco
continuo e impetuoso e pertanto indicava “slancio”, “movimento vitale”. Mentre
il suffisso “d (δ)” era connesso alla luce e al processo di sua propagazione
(illuminazione).
Il diffondersi [Vi] della Luce
[δ] permetteva sia di “vedere” sia di “conoscere”, e pertanto nella prima
lingua indoeuropea la radice “v-ίδ” conservò entrambi i significati. Nel passare
al sanscrito, “v-ίδ” conservò quello di conoscere, mentre il latino ereditò
quello di “vedere”. Il Greco mantenne entrambe le accezioni, traslitterando la
Vav iniziale con un “F”, per poi farla cadere.
Da ciò: IDEA ma anche FIDE; ciò
che si vede o, meglio, ciò che si può vedere con gli occhi della Coscienza.
Pertanto, Eĩδον:
1. esprime un processo indefinito di “presa visione” progressiva, sempre più completa e profonda
2. rappresenta una corrispondente progressione di conoscenza che si focalizza sull’osservazione illuminante
3. descrive il disvelamento della Verità (inizialmente di Fede) che diviene via via più chiara, intelligibile e perfettamente conosciuta (al termine del percorso: Οιδα ).
1. esprime un processo indefinito di “presa visione” progressiva, sempre più completa e profonda
2. rappresenta una corrispondente progressione di conoscenza che si focalizza sull’osservazione illuminante
3. descrive il disvelamento della Verità (inizialmente di Fede) che diviene via via più chiara, intelligibile e perfettamente conosciuta (al termine del percorso: Οιδα ).
* * *
In questo contesto, il “Vedere” è la forma prima e ultima della
conoscenza: prima, in quanto dal vedere con gli occhi deriva la percezione in
sé; ed ultima, in quanto dalla percezione fisica deriva quella intellettuale,
che dal sensibile è capace di risalire al sovrasensibile e al metafisico
stesso.
Più in generale, il concetto di IDEA, con riferimento
all’etimologia menzionata, è strettamente legato a quello di visione, di
immagine, di rappresentazione mentale che può corrispondere od un oggetto o ad
una realtà esteriore, eppure può essere anticipatrice, intuitrice di una realtà
superiore. L’Idea è il principio che ci consente di vedere intellettualmente e
quindi di farci riconoscere forme materialmente diverse l’una dalle altre ma
tutte uguali perchè corrispondenti alla loro immagine ideale.
Due sono gli aspetti inclusi nel
concetto di vedere-conoscere:
1) Il conoscere sovra-individuale: qualsiasi trasformazione spirituale ha come punto di partenza l'individuo, considerato nella sua globalità corporea e animica. Tuttavia, nel corso del percorso di realizzazione, ciò che inizialmente prevaleva, viene via via ridimensionato a favore di un'istanza universale oltre l’individuo.
2) Osservazione e realizzazione: solo il sostare dell'anima, cioè il permanere nel silenzio interiore, nella sospensione mentale esente da desideri-attaccamenti-passioni-turbamenti, permette l'esperienza contemplativa quale sguardo disinteressato e distaccato sull'essere. L'esperienza contemplativa può allargarsi e volgersi all'Assoluto...
1) Il conoscere sovra-individuale: qualsiasi trasformazione spirituale ha come punto di partenza l'individuo, considerato nella sua globalità corporea e animica. Tuttavia, nel corso del percorso di realizzazione, ciò che inizialmente prevaleva, viene via via ridimensionato a favore di un'istanza universale oltre l’individuo.
2) Osservazione e realizzazione: solo il sostare dell'anima, cioè il permanere nel silenzio interiore, nella sospensione mentale esente da desideri-attaccamenti-passioni-turbamenti, permette l'esperienza contemplativa quale sguardo disinteressato e distaccato sull'essere. L'esperienza contemplativa può allargarsi e volgersi all'Assoluto...
IDEA è conoscenza, sapienza, scienza, nell’accezione di vedere-sapere,
in un processo iterativo dove osservando, distaccati, le manifestazioni
dell’Essere-Uno si discerne il Vero dal falso, si distilla la scintilla divina
“portata” dagli oggetti e si perviene alla sua definitiva liberazione dalle
forme, pervenendo alla consocenza-consapevolezza finale.
Chiaro l’utilizzo che nei testi sacri si fa del termine Eĩδον
Είδον copre nella
bibbia tutti i significati di “vedere finalizzato” (6,22,24; 9,1; 18,26; 19,6)
con termine in Gesù (1,46; 4,29; 12,21) nello Spirito (1,33) o nella Gloria
(12,41). Si usa riferito alla visione che conduce alla Fede (20,8), ai segni
(6,14,26,30) del giorno del Messia (8,56), a Gesù risorto (20,20,25). Per
influsso ebraico può avere il significato “fissare”, “scegliere/eleggere”
(1,48,50).
In
particolare, quando nell’Apocalisse (Libro IV) si usa "Eĩδον" (reso
generalmente con ”Ebbi una visione”), l’espressione indica la particolare percezione
estatica, mediante la quale il veggente riceve le comunicazioni divine.
Giovanni non "costruisce" lui, o "elabora" lui
l’Apocalisse, quello che scrive è solo ciò che gli viene fatto vedere e sentire.
Egli non è il regista delle visioni, è solo un loro "registratore".
Uber
Eques a Zelante
Nessun commento:
Posta un commento