lunedì 4 gennaio 2016

Metafisica

Dall'articolo pubblicato intero nel mese di dicembre 2015, con il titolo: 
"Scopi e Insegnamento nell'Ordine".


Cos’è dunque la metafisica tradizionale?

Essa studia e realizza nell’iniziato l’Essere in quanto tale, di là delle sue infinite possibilità espressive. Si tratta della dimensione della Realtà assoluta nella sua forma non-duale.

La non dualità oltrepassa la realtà relativa dei nomi e delle forme. Essa rappresenta l’Essere nel suo stato assoluto, eterno, permanente, incausato, possibilità stessa di ogni rappresentazione.

Questa Conoscenza afferma che esiste un’Identità Coscienziale tra tutti gli esseri. L’unica sola realtà è quindi questa Coscienza unica e assoluta.
Tale affermazione, se non compresa, suona pericolosa per molte tradizioni religiose o filosofiche, le quali vengono tramandate sul piano della dualità, che descrive una condizione separativa tra l’Essere supremo e gli enti particolari.

Per cogliere meglio tale rischio, sviluppiamo il concetto di non dualità fino alle sue ultime conseguenze nella dimensione umana.
Se è reale solo un’unica Coscienza, anche l’individuo, la singola persona, quindi, è quella Coscienza indivisibile ed eterna.

Ora, iniziamo a comprendere perché, se non intendiamo il significato profondo di questa asserzione, in un attimo, ci troviamo ad entrare in conflitto con quasi l’intera conoscenza spirituale e filosofica dell’umanità.

Il peccato maggiore, sul piano religioso, parla dell’uomo che vuole identificarsi con Dio.
Un saggio, a questa accusa che ignora la Realtà metafisica, sorriderebbe e tornerebbe nel suo silenzio…

Come uscire dal malinteso? L’uomo vuole realmente diventare Dio o, forse, è necessario far riferimento ad altri parametri di comprensione, in cui sia l’uomo che la comprensione di Dio diventano qualcosa di diverso da ciò che è stato attribuito ad essi dalla storia essoterica dell’umanità?
Cosa significa che siamo tutti quell’unica Coscienza, ed essa è Dio, e quella siamo anche noi?

La domanda ben formulata è: Come può Dio, l’Assoluto, che è il Tutto, non essere qualsiasi cosa?

Se non vogliamo rischiare di limitare le possibilità stesse di Dio, dobbiamo accettare che Esso sia il Tutto e, nella sua infinita possibilità espressiva, possa assumere qualsiasi forma. Gli enti particolari sono come scintille dello stesso fuoco. Dal punto di vista metafisico, Dio è l’argilla che può assumere varie forme nei molteplici possibili vasi. Ma la vera identità di queste variegate composizioni è sempre l’argilla, essa è la loro essenza reale.

Quindi, non si tratta della superbia umana, che vuole elevarsi a Dio, diventare come Lui, essere Lui stesso. La questione va compresa come svelamento della reale natura dell’ente uomo, in una dimensione informale dove emerge la sua reale Identità. 

L’uomo non può farsi Dio. Egli può rinunciare alla sua forma particolare per scoprirsi sostanza divina. Può quindi riconoscersi come Dio solo rinunciando alla sua apparente e contingente umanità.

Sul piano filosofico, l’affermazione metafisica, che è realizzativa, ossia porta nell’uomo la reale diretta realizzazione in sé di ciò che afferma la Tradizione, colma quello iato cristallizzato tra il fenomeno e il noumeno così come è stato affermato dal kant della “Critica della Ragion pura”.
In essa, il filosofo tedesco asseriva appunto che l’essere umano, il soggetto conoscente, può conoscere solo il fenomeno della realtà, ciò che è osservabile attraverso i limiti dei propri canali percettivi e razionali. Sarebbe impossibile invece comprendere il noumeno, la cosa in sé, la realtà per ciò che è realmente.

È utile soffermarci ancora un momento per chiarire cosa significhino questi termini così tecnici come l’Essere o l’Assoluto, l’Identità Coscienziale; questi sono tutti sinonimi. Nella filosofia, in senso accademico, queste espressioni sono rimaste sempre dei “concetti”. Molti filosofi hanno intuito il loro significato, ma non sono stati in grado di realizzarlo realmente, perché lo hanno compreso esclusivamente sul piano intellettivo della mente.

In questo Sovrano Ordine non ci riferiamo ad una comprensione concettuale della filosofia. Sul piano iniziatico, siamo interessati al Filosofo come amante della Conoscenza, ed essa è realizzativa, richiede un percorso per conseguire nella propria consapevolezza ciò che inizialmente viene appreso sul piano razionale.

Cosa intendiamo quindi col termine Essere? 

L’Essere, dalla prospettiva della Metafisica tradizionale, nella visione non duale, è la vera nostra Identità, come è l’Identità reale di tutti gli enti in manifestazione, cioè le indefinite forme di vita in cui questa Coscienza assoluta si manifesta continuamente, in questa apparenza di realtà.

Parlando della Manifestazione Universale, della Creazione, del mondo nel senso largo del termine, qualcosa che va quindi dal piano fisico ai più alti livelli spirituali, insomma l’intera apparenza dell’Essere nel mondo duale dei nomi e delle forme, si deve utilizzare il significato di realtà relativa. Perché, dal punto di vista tradizionale, non può essere reale ciò che non sia sempre presente. Tutto ciò che ha un inizio e una fine, che in un momento dello spazio-tempo c’è e in un altro momento no, non può avere la qualità della Realtà, di ciò che è vero. L’Essere, che è in assoluto vero, è sempre presente, è eterno, è la possibilità assoluta a priori di qualsiasi dimensione.

Questo Essere è presente in tutti, è identico in tutti gli esseri esistenti nelle forme.

L’operazione che porta nell’iniziato lo svelamento di questa eterna Essenza, fa vedere, per esperienza diretta, che tutto questo è reale. Nel momento del risveglio alla nostra reale natura di essere, viviamo realmente la Verità dell’Insegnamento che, a chiare lettere, afferma che siamo tutti un’unica Coscienza.

Prima di arrivare alla realizzazione ultima, però, c’è un passaggio ineludibile che equivale a conseguire in noi l’Universalità. La Coscienza Universale porta un allargamento della spazialità coscienziale dell’individuo all’interezza della Manifestazione. Per spazialità coscienziale intendiamo ciò che possiamo contenere-comprendere nella nostra consapevolezza. Nell’iniziazione all’universalità passiamo dall’io al noi, si percepisce la propria consapevolezza in unità con l’intera Manifestazione. Un esempio è appunto quell’amore che nasce dalle espressioni della santità.

La realizzazione metafisica, e questo è ciò che persegue il nostro Sovrano Ordine, è invece la attuazione finale dell’Essere, dell’Assoluto, già da sempre presente in noi in una condizione potenziale.
Questo stato, ancora di più di quanto accade per qualsiasi altra esperienza fenomenica, per essere compreso deve essere realizzato. 

Abbiamo comunque a disposizione delle metafore che i Saggi ci hanno lasciato a testimonianza della Realtà della nostra Coscienza reale in forma soprattutto letteraria.

Riportiamo due scritti poetici di un grande Maestro Advaita, H. W. L. Poonja, a beneficio di una maggiore comprensione di questa esperienza-non esperienza.

Qui,
Qui è quel vino che nessuno conosce.
Ogni cosa è nel qui che è coscienza,
il substrato di tutto l’universo.
Quello tu sei, e abiti in ogni atomo di ogni molecola;
anche lo spazio e il tempo traggono esistenza da te.

Chi è consapevole che stai indossando un corpo e una mente,
e che il movimento della nascita e della morte
è sempre all’interno di questa coscienza?

Tu sei Quello. Tutto il fare e il non fare,
ogni molteplicità e ogni unità, sono nella coscienza.
Schiavitù è ignorarlo, libertà è saperlo.

Tu sei Quello. Tu sei Quello!”

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“Io sono l’oceano, e ogni forma visibile
È un’onda che danza in me: questa è la conoscenza.

Quando le onde si alzano, l’oceano non perde nulla;
e quando le onde ricadono, l’oceano non guadagna nulla.

Come le onde giocano, così l’oceano gioca.
Io sono oceano, Io sono acqua, io sono onda;
non c’è mai separazione tra acqua, oceano e onda!

Non ci sono diversità né turbamenti,
e nessuno che venga turbato.

Far emergere un io, o qualunque altro pensiero,
è far emergere un’onda.
L’acqua rimane acqua.
Lascia quindi che ogni cosa sia, poiché è il tuo stesso Sé.

Come il fiume sfocia nell’oceano,
dissolvi te stesso in ciò che sei:
felicità, beatitudine, Essere, universo.

Qui c’è solo consapevolezza,
Qui solo il Sé è”.

Quando parliamo, invece, di conoscere la “cosa in sé”, in realtà non ci riferiamo all’osservazione scientifica e oggettiva di qualcosa fuori di noi. Il significato di questo conoscere si deve intendere come coincidenza tra il soggetto conoscente e l’oggetto conosciuto. Solo quando ciò che intendiamo conoscere coincide con la nostra stessa essenza possiamo ben dire di Conoscere realmente.

Quindi, ripetiamolo, la Realtà, la Verità, è Una sola, non duale, sempre eterna e permanente. La realtà spazio-temporale in cui ci troviamo in quanto enti particolari, individui, è certamente vera, ne abbiamo un’evidenza forte. È reale la sua fisicità e sono reali le nostre emozioni nel momento che le sperimentiamo. La sofferenza esiste, esiste anche la gioia. Sono reali il male e il bene e tutti gli opposti di questo piano di esistenza. Essa è semplicemente relativa e impermanente.

Rileviamo, ora, che molti ricercatori si bloccano nel cammino metafisico verso il Reale, perché pensano di perdere la loro coscienza di esistere. In questo terribile, ignorante malinteso nichilistico, essi hanno la sensazione fallace che la rinuncia ad essere un individuo particolare sia un perdersi in un nulla assoluto, dove non siamo più coscienti, in un sonno profondo ed eterno.

Per dissolvere questa nefasta convinzione possiamo ricorrere alla descrizione metaforica che la tradizione vedica da dell’Assoluto. Esso, per la Coscienza risvegliata è Sat, Cit, Ananda. Essere, Coscienza e Beatitudine assoluti.

Analizziamo il significato di queste parole.

“Essere” significa esistere nella assoluta Realtà. È l’esistenza piena e totale. In quanto Essere esistiamo realmente come mai in altro modo esistenziale.

“Coscienza” è la dimensione dell’assoluta consapevolezza. Questo termine, che descrive la Coscienza totale della dimensione di risveglio alla nostra reale Identità, porta in sé il significato di “essere pienamente coscienti proprio di esistere”. Possiamo ben dire che tale realizzazione sia la dimensione diametralmente opposta alla paura di annichilirsi, in una notte oscura dove non c’è più la percezione di essere esistenti.

Per quale motivo alla dimensione dell’Essere e della Coscienza segue quella della “Beatitudine”?

A questo quesito potremmo affiancarne un altro: perché dall’Eternità o, parlando della piccola storia del nostro pianeta, per millenni esseri particolari come gli uomini si sono messi in cammino e hanno ricercato e realizzato l’Essere, fatto questo che avviene ancora oggi?

L’Essere, nella sua essenza, può qualsiasi cosa e, in ciò, non gli è preclusa neanche l’esperienza della sua momentanea dimenticanza di ciò che è realmente. Questa è la sua natura. Tutto gli è possibile, nulla gli è precluso.

Immaginiamo un Assoluto che non possa esperire qualsiasi forma, come anche il soffrire e l’ignoranza. Sarebbe un Assoluto relativo e, in un attimo, perderebbe la sua totalità, in una deriva illogica del suo significato interno.

La Coscienza assoluta, per la Conoscenza metafisica, ha la possibilità di perdere momentaneamente la sua consapevolezza e può assumere delle forme particolari nell’apparenza del sogno esistenziale di queste. Parliamo di “apparenza” o ci riferiamo alle forme, considerando però che nel sostrato di ogni possibile espressione formale è sempre presente l’Essere. Esso è il telo di fondo dell’apparenza contingente e impermanente del divenire. Così come accade nella dimensione umana. In noi c’è sempre la misura della Totalità, ed Essa è semplicemente obnubilata dall’identificazione che attua, temporaneamente, con una coscienza individuale-particolare.

In questo viaggio momentaneo, l’Essere perde apparentemente Sé stesso e sperimenta l’assenza e la sofferenza. Identificato con corpi particolari e limitati subisce le loro limitazioni e le fa proprie.

L’intero percorso verso il risveglio alla non dualità, frutto di conoscenza e realizzazione dei Grandi Misteri, consiste nel separare la nostra Essenza divina dall’identificazioni con la mente egoica e le altre forme coscienziali, per riconoscersi e rifondarsi nella propria reale natura. Passaggio ben descritto dalla Alchimia spirituale nella sua figura del “solve et coagula”. Questo consegue il superamento della necessità, della perdita e della sofferenza. È lo stato del puro Amore, dell’Unità totale, dove tutto è Uno. 

L’espressione più giusta per descrivere metaforicamente l’esperienza di questa Totalità è “Beatitudine” assoluta, Ananda, per quello che il linguaggio riesce ad esprimere.

Ciò che è formulato in questo articolo, in estrema sintesi, è la Conoscenza Metafisica che l’Ordine intende seminare per chi vorrà raccoglierla.
Non è una sapienza particolare. Essa è la Suprema Conoscenza dell’Essere e, in quanto tale, non è superiore a nessun’altra forma dell’insegnamento; semplicemente, è oltre ogni possibile dualità. Non si occupa dei fenomeni della realtà relativa, ma del suo sostrato, della possibilità stessa che appaiano delle forme.

Non si tratta nemmeno di avere la pretesa di sostenere un nefasto relativismo religioso. Ogni religione, ogni tradizione, ha una sua particolarità e questa va rispettata. La Metafisica si pone su un piano completamente diverso, non si occupa di espressioni particolari, di grammatiche che descrivono Dio in manifestazione.

La non dualità si occupa di Dio a priori, prima del suo manifestarsi nelle forme e nella storia. Aspira all’Eterno sempre presente, dietro le pagine dello spazio e del tempo. L’Eternità è in ogni infinitesimale frammento di cosmo, su tutti i piani, dal fisico grossolano, ai livelli più alti del cielo. L’Eterno è ogni elemento, è la sostanza di qualsiasi forma e, da questo punto di vista, è la nostra Identità reale.


Arjuna
Eques a Silentio

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